Mentre inizio a scrivere arriva il comunicato della band, Isaac Wood, cantante e chitarrista della band ha deciso di mollare per motivi personali e non dovuti a contrasti, un vero peccato.
Il resto della band ha dichiarato che comunque continuerà come Black Country, New Road e, ad essere sincero, per quanto l’assenza di Isaac si farà ovviamente sentire, resto fiducioso perchè questa è una grande band.
Il loro esordio “For The First Time” era piaciuto un po’ a tutti, un consenso unanime che aveva trovato conferma anche nelle nostre pagine (qui la recensione), ora a distanza di un anno arriva il secondo album.
Inutile ripetere la solita cantilena del secondo disco che risulta il più difficile perchè non è sempre vero, a volte soprattutto per le grandi band, quelle che durano e crescono musicalmente, il secondo lavoro spesso è migliore del primo.
Accade questo per i Black Country, New Road, il cui nuovo disco non solo è all’altezza del primo ma, arrotondando alcuni spigoli, ma non troppo, e muovendosi anche melodicamente in modo coraggioso mantiene vivo il fuoco del predecessore e lo alimenta.
Con coraggio questi ragazzi alzano il livello, concedendo anche uno spazio diverso alla melodia e al cantato, la solita intensità e il timbro drammatico e sofferto di Isaac Wood appare più libero e sicuro, lo dico nonostante i recenti accadimenti, sostituirlo sarà difficile ma i ragazzi sono intelligenti e brillanti per cui staremo a vedere di cosa saranno capaci.
“Ants from Up Here” ha il pregio di essere sorprendente, non ripetono il loro album d’esordio ma lo portano in avanti, il loro sound non si adagia ma sfrutta con grande intelligenza le capacità dei vari musicisti che abilmente incastrano i loro strumenti, violino, sassofono, pianoforte, chitarra, basso e batteria in brani nel quale i ragazzi hanno la capacità e la giusta sicurezza per affermare un loro sound, che ora li sta distinguendo ancora più di prima.
Allora iniziamo dai brani che non hanno avuto anticipazioni. “Good Will Hunting” colpisce al primo ascolto: entra il controcanto e alternano ritmo e lentezza senza mai perdere brillantezza, un pezzo che già inizio a riascoltare in loop ma devo andare avanti.
“Haldern” è nata durante il concerto all’ Haldern Pop Festival in Germania, la band a volte improvvisa e crea durante le esibizioni stesse e in questo caso il risultato è un brano che hanno deciso di inserire. Pianoforte, fiati, chitarra creano un pezzo notevole che certifica la grandezza della band e che sembra incredibile essere nato da una improvvisazione.
“The Place Where He Inserted the Blade” è un altro brano da brividi, il piano e gli strumenti e poi la voce che si uniscono in maniera struggente, per poi esplodere in una melodia irresistibile, tutto perfetto, tutto così dannatamente bello , anche il testo, nel quale un amore si spezza e rinasce più forte, ma mai in fondo sereno “But you tied me up slow with your vine, stuck It takes a few years, but they break bones It takes a few months, but our bones heal We’re stronger and we tell all our school friends And they sign our cast in the playground“.
“Chaos Space Marine” è uno dei pezzi usciti in anticipo nel quale la forza della band si esprime con potenza, esplodendo in un caos controllato che mostra tutta la qualità dei singoli componenti, cosa che avviene anche nel resto dei brani. “Concorde” e “Snow Globes” sarebbero i singoli perfetti in un mondo perfetto, una costruzione abilissima dove gli strumenti diventano base ritmica in un crescendo ormai tipico della band.
“Bread Song” era il mio brano preferito prima di ascoltare tutto l’album, un pezzo incredibile dove nella prima parte abbiamo un andamento nel quale gli strumenti sembrano non volersi incontrare per poi prendere una forma precisa, un brano incredibile anche nel testo..”E stabilisci le tue regole per la notte Oh, non mangiare il tuo pane tostato nel mio letto Oh tesoro non ho mai sentito le briciole finchè non hai detto Questo posto non è per nessun uomo nè per briciole di pane“.
L’album chiude con “Basketball Shoes” che la band aveva suonato diverse volte live, una canzone di circa dodici minuti che verso la metà si trasforma in maniera potente e coinvolgente per poi ripartire i nuovo con i fiati in un brano che muta ogni volta, sempre con la solita potenza espressiva e drammatica, spettacolo .
Non posso che sperare che Isaac Wood, che in questo lavoro da più spazio al cantato in maniera perfetta, ci ripensi, e la sua assenza sia solo temporanea perchè i Black Country, New Road sono la migliore band che mi capita di ascoltare da anni: qui non ci solo le idee, qui non ci sono i soliti quattro accordi di chitarra e tanto fumo, nessuna forma canzone o concessione, no, questi ragazzi sono dotati di grande tecnica, padronanza e controllo, che permette loro di mantenere altissima la qualità dei loro lavori.
I Black Country, New Road si superano e realizzano un album bellissimo, hanno dimostrato di essere capaci di modellare, creare e mantenere un loro stile riconoscibile ma allo stesso tempo sorprendere ed emozionare. Ci troviamo quindi di fronte a un lavoro incredibile, di una qualità unica e oggi rara, plasmato da artisti veri che, comunque vada a finire, lasceranno questo gioiello che brillerà per sempre.
God save the Black Country, New Road.
Credit Foto: Rosie Foster